Progetto PRIN 1999
La ricerca si propone di ricostruire l’attività parlamentare degli economisti italiani, in particolare di quelli accademici, focalizzando l’attenzione sui rapporti tra economics ed economic policy.
La periodizzazione ha trovato fondamento in considerazioni concernenti sia la storia della scienza economica italiana sia quella più genericamente attinente la storia nazionale del nostro paese.
Fin dall’unificazione, i governi della Destra storica manifestarono la necessità che il nuovo Stato assumesse, anche in economia, un atteggiamento niente affatto ‘letargico’. Nei ministeri chiave che controllavano le entrate e le uscite del bilancio pubblico o che cercavano di prefigurare le condizioni per una più accelerata del reddito, si avvicendarono uomini dottai di solida cultura economica; nelle aule parlamentari, questioni attinenti alla finanza pubblica o alla circolazione monetaria, furono dibattute anche con l’ausilio di economisti come A. Scialoja, M. Minghetti, F. Ferrara.
Successivamente, a partire dal 1876, con l’avvento al potere della Sinistra, si assiste ad una attiva partecipazione dei maggiori esponenti della c.d. scuola storica italiana alle vicende politiche e, in particolare, parlamentari italiane. L’esigenza propria dei c.d. socialisti della cattedra di costruire una scienza economica in cui considerazioni di carattere storico e teorico potessero trovare una sintesi organica, conduce a precisare un concetto ancor più pervasivo di ‘interventismo’ statale (L. Luzzatti, L. Cossa, F. Lampertico, G. Boccardo).
Questione sociale, questione bancaria e monetaria, emigrazione, mercato del lavoro, colonialismo, cooperazione, questione meridionale, questione fiscale, legislazione antimonopolistica: sono queste alcune delle tematiche che, dibattute nelle aule del Parlamento, sono state sistematicamente analizzate nelle principali riviste economiche e nelle più significative pubblicazioni scientifiche del periodo. D’altra parte la nuova scienza marginalista, che con gli anni Ottanta dell’Ottocento comincia ad attecchire anche in Italia e che, successivamente, dispiegherà una certa egemonia scientifica nell’ambito dell’accademia italiana, si caratterizza – come ha rilevato anche la più recente storiografia – per aver tradotto l’elaborazione teorica anche in diretto impegno civile. Alcuni dei principali economisti marginalisti italiani approdano infatti in Parlamento e diventano protagonisti degli importanti dibattiti prima richiamati (M. Pantaleoni, A. De Viti de Marco ecc.).
Se la polemica fra le due scuole italiane si dimostra catalizzata, per tutto il periodo finale dell’Ottocento, sulla questione del protezionismo doganale, con il 1900, e cioè con l’inizio dell’esperienza giolittiana, si ha una netta e complessa diversificazione delle questioni affrontate. Otre a quelle richiamate, spiccano quelle concernenti la nazionalizzazione delle ferrovie e delle assicurazioni. L’intreccio tra riflessione teorica, impegno civile e attività parlamentare arriva ad affrontare tematiche che si dimostreranno ‘fondanti’ per tutta la cultura economica italiana, e anche internazionale, successiva.
La ricerca si è prefissa, dunque, di spingersi fino agli anni immediatamente precedenti allo scoppio del conflitto mondiale poiché è in questo periodo che avvengono una serie di trasformazioni culturali e sociali che incidono anche sul lavoro dell’economista: da una parte, promuovendone i tratti professionali e specialistici, dall’altra valorizzandone la dimensione pratica, ovvero quella finalizzata a definire le scelte di politica economica.
Italian economists in Parliament (1861-1914): science, politics and public opinion. Sources, documentation and historical analysis.
The aim of this research was to reconstruct the parliamentary activity of Italian economists, above all those belonging to the academic community, by focusing on the relations between economics and economic policy.
Choice of the period to be explored was based on twofold considerations: investigation of the need for the new State to take up a clearly ‘non-lethargic’ attitude towards political affairs, including economic matters. The key ministries, that held control over budget expenditure and revenue, or were trying to set up the conditions for more rapid growth of state revenue, were manned by men endowed with a solid grounding in economic knowledge. The halls of parliament formed the venue for debate on questions concerning public finance or money circulation, to which economists such as A. Scialoja, M. Minghetti and F. Ferrara made an active contribution.
Subsequently, from 1876 onwards, after the Left came to power, the major exponents of the so-called Italian historical school actively took part in political affairs, and above all in the day-to-day work of Parliament. These so-called Chair Socialists held a strongly-felt conviction that it was imperative to forge an economic science in which historical and theoretical considerations could be blended into an organic synthesis. This led to formulation of an even more pervasive concept of State interventionism (L. Luzzatti, L. Cossa, F. Lampertico, G. Boccardo).
The social question, banking and the monetary question, emigration, the labour market, colonialism, cooperation, the Southern question, taxation, antitrust legislation – these are but a few of the issues that were fervently explored in parliamentary debate and systematically analysed in the main economic journals and the most significant scientific publications of the day.
At the same time, the new marginalist science was beginning to take hold in Italy during the 1880s, and was later to acquire considerable scientific hegemony in the Italian academic world. One of its major achievements – as emphasized in the most recent historiography – was to translate theoretical elaboration into direct engagement in public life. Ths some of the most eminent Italian marginalists entered Parliament and became leading figures in the important Parliamentary debates mentioned above (M. Pantaleoni, A. De Viti de Marco, etc.).
While the polemics between the two Italian Schools was catalysed, throughout the late nineteenth-century years, by the question of protectionism and customs barriers, the advent of the new century and the beginning of the Giolittian experience saw a rich diversification of the range of issue addressed. In addition to the above questions, debate also focused on nationalization of the railways and insurance companies. The complex intermeshing of theoretical reflection with the demands and commitments of public office and parliamentary activity eventually brought to the forefront of attention a number of themes that would thereafter form the crux of economic debate not only in Italy but on the international scene as well.
This study covered a time period extending up to the years immediately prior to the second World war, for it was during this period that a series of cultural and social transformations occurred whose repercussions also affected the task of the economist. Thus the professional and specialist aspects of the role of the economist acquired greater prominence, and the practical dimension, i.e. the task of designing economic policy choices, was also enhanced.